Omelia di mons. Cesare Nosiglia allora Vescovo del Settore Est della diocesi di Roma al funerale di Giampaolo Mollo, il 3 settembre 1998 (dalla Rivista “Gesù Risorto”, anno V, n. 4)

«Che cosa potrò rendere al Signore per quanto mi ha fatto? Alzerò la coppa di salvezza e invocherò il nome del Signore». Credo che questo canto, tratto dal Salmo 116, carissimi fratelli, esprima profondamente innanzi tutto i sentimenti che in questo momento sono nel cuore di Giampaolo, davanti a Dio, perché i doni che lui ha ricevuto sono stati tanti e sono stati grandi; e il momento del trapasso e dell’incontro con il Cristo Risorto è il momento della restituzione di questi doni, doni fatti fruttificare con generosità, con impegno, con grande spirito d’amore.

Ma questa domanda del Salmo: «Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?» è anche un sentimento di riconoscenza al Signore per il dono di Giampaolo, per ciò che lui ha rappresentato per la sua famiglia, per la “Comunità Gesù Risorto”, per le Comunità parrocchiali che ha servito da diacono, per la Chiesa intera di Roma.

Tra i doni che il Signore ci ha fatto, non possiamo non enumerare le persone che Lui ci ha posto vicino, che ci ha fatto incontrare nel cammino della nostra vita; persone che ci parlano di Lui innanzitutto proprio con la vita, con la testimonianza, con l’amore, che ci permettono di incontrare Cristo vivente, oggi, e ci danno forte una testimonianza, e Giampaolo è stato per tutti noi una di queste persone, vero dono che il Signore ci ha fatto e di cui dobbiamo essere grati. Alla sua sposa, ai suoi figli, alla “Comunità Gesù Risorto”, alla parrocchia dell'”Assunzione”, alla Chiesa di Roma, a quanti lo hanno conosciuto e amato Giampaolo lascia in eredità un patrimonio di fede vissuta con entusiastico e forte impegno di servizio, generoso e fedele, e soprattutto una testimonianza obbediente e serena (anche se sempre faticosa, come può essere una testimonianza della croce) nell’accogliere la sofferenza, come Cristo, per fare la volontà del Padre.

Figli miei, ecco quali sono le mie raccomandazioni: siate fedeli al Signore, fino in fondo, e fate ciò che lui vuole (Tb 14,8). Questa parola di Tobia, la Parola biblica scelta per questa Liturgia, trovata nella Scrittura dalla figlia di Giampaolo, riassume il dono e la consegna che lui lascia ai suoi cari, ma anche a tutti noi: il servizio del Signore, la sua lode, la sua benedizione, sempre, anche nei momenti di prova e di supremo sacrificio nel dolore e nella sofferenza.

Il Salmo 116 continua dicendo: «Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei giusti. Preziosa è dunque per noi la dipartita di Giampaolo; lo è perché lo è stata la sua vita. Forse molti di voi che l’hanno conosciuto più da vicino, più direttamente, giorno per giorno, e che ne hanno seguito anche gli ultimi anni di malattia, di sofferenza, potrebbero dare testimonianza di come lo Spirito l’ha sempre guidato nel cercare vie nuove di comunione, di evangelizzazione, di servizio diaconale e di offerta di sé.

È stata preziosa la vita di Giampaolo per la ricchezza di umanità, di carismi e di amore alla Chiesa che contraddistinguono l’opera della sua forte testimonianza del Signore Risorto. In un recente incontro, prima dell’estate, e anche in occasione della celebrazione che abbiamo avuto insieme nel Convegno annuale della “Comunità Gesù Risorto”, lui mi esprimeva con grande spirito di comunione questa preoccupazione, questo suo impegno, questo desiderio che sentiva profondamente: di camminare con la Chiesa, di crescere nella spiritualità ecclesiale, fortemente obbediente e accogliente di tutto ciò che Essa indica a ogni Movimento, a ogni realtà, a ogni cristiano. L’amore alla Chiesa, a Colei che è stata amata da Cristo fino a dare la vita, è un segno d’amore profondo per il quale oggi, in questo momento, Giampaolo otterrà da Dio la ricompensa.

Preziosa è stata poi la vita di Giampaolo per i segni meravigliosi di guarigione che, attraverso la sofferenza offerta al Signore, ha potuto offrire a tanti fratelli e sorelle bisognosi di grazie particolari. Veri miracoli della preghiera di intercessione che Dio gli ha concesso di sperimentare, mostrandogli così i segni meravigliosi che Egli compie in coloro che lo amano, soprattutto in coloro che lo amano fino alla croce, per viverne la pienezza della gloria. Molti seguono Cristo inchiodandosi sulla croce della sofferenza e offrendola al Padre con Lui, segno meraviglioso di grazia per sé e per gli altri. La vita di Giampaolo è stata preziosa proprio per questa sofferenza che, sull’esempio di Cristo, seguendo Lui, ha caratterizzato questi suoi ultimi anni.

Unito a Cristo nella sua morte, ora si è unito a Lui nella sua resurrezione.

Così come ci ha ricordato l’Apostolo Paolo nella seconda lettura: «Chi potrà mai separarci dall’amore di Dio? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la morte? In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amato. lo credo che queste parole risuonano forte nell’animo di Giampaolo: lui è vincitore! Vincitore della morte in Cristo Risorto, perché ha vissuto come Lui, fino in fondo, la passione.

Un inno di vittoria sale oggi dalle labbra e dal cuore di Giampaolo, umanamente muti ma… pieni di vita… per consolarci con le parole dell’Apostolo, quelle parole che Giampaolo ha predicato, testimoniato e creduto con tutto sé stesso. Sì, né la morte, né la vita, né il presente, né l’avvenire, né alcuna creatura, niente potrà separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù nostro Signore!

Giampaolo gode oggi della beatitudine promessa da Gesù ai suoi discepoli, a chi ha vissuto come Lui nella povertà di spirito, nella mitezza, nella misericordia, nella pace. Le beatitudini che abbiamo proclamato in questa assemblea portano nel nostro cuore tante pace, tanta quiete spirituale, pur nella sofferenza e nel dolore del distacco, perché ci annunciano il mondo nuovo che appartiene agli eletti di Cristo, a chiunque si sforza di vincere, giorno per giorno, il male, contro l’egoismo, contro il peccato e testimonia il suo amore fino alla fine, con perseveranza. Le beatitudini sono frutto della Pasqua del Signore, frutto della sua resurrezione che ci è dato di vivere già su questa terra; quando andiamo contro corrente rispetto alla logica del mondo, anticipiamo la gioia del cielo: «Beati voi che piangete, che siete afflitti, perché sarete consolati!».

Si, carissimi fratelli e sorelle, la consolazione dello Spirito penetri oggi nei vostri cuori, nei nostri cuori: conforti il dolore della sposa di Giampaolo, dei suoi figli, della “Comunità Gesù Risorto” e apra la nostra preghiera di lode, di ringraziamento a Dio. «Che cosa potrò rendere al Signore? Alzerò il calice del la salvezza e invocherò il nome del Signore!». Tra poco alzeremo il calice della salvezza e invocheremo il nome del Signore, insieme con Giampaolo, in suo suffragio.

Il Salmo ci invita ad alzare le mani e le braccia nella preghiera per restituire al Signore i doni che ci ha fatto, per accompagnare davanti a Lui il nostro fratello; è quello che siamo chiamati a fare, in questo momento, nella celebrazione dell’Eucaristia.

Rendiamo grazie al Signore, eleviamo i nostri cuori per intercedere in suffragio di Giampaolo, perché Dio, nella sua infinita misericordia, lo accolga nel suo Regno e gli riservi quel premio, quella ricompensa che tante volte Gesù ha promesso ai suoi servi fedeli: «…un posto, vicino a me, nel mio Regno».

Preghiamo perché in questo momento Cristo venga in aiuto alla nostra debole fede, alla nostra scarsa speranza, per confermarci nella certezza della risurrezione, nella certezza della vita eterna.

Chiediamo, poi, soprattutto, di saper custodire la testimonianza che Giampaolo ci ha dato per seguirne l’esempio, fare memoria dei suoi insegnamenti, continuare sulla via che egli ha tracciato nella Comunità. È una consegna che esigerà obbedienza, partecipazione, impegno da parte di tutti.

Preghiamo non solo il Signore, ma preghiamo anche lui, Giampaolo, sicuri che egli, vicino a Dio, intercede per noi, così come ha interceduto su questa terra tante volte per i fratelli e le sorelle in necessità; che intercede per i suoi cari, per la Comunità, per la Chiesa di Roma, per quanti lo hanno conosciuto e amato.